BEGIN:VCALENDAR PRODID:-//Feedo Feed//NONSGML v1.0//EN VERSION:2.0 CALSCALE:GREGORIAN METHOD:PUBLISH X-WR-CALNAME:Messina: cento sculture, 1920 – 1994 X-WR-CALDESC:Una grande mostra alla Mole Vanvitelliana di Ancona, un omaggio a un maestro del Novecento, titolata "Francesco Messina. Cento Sculture, 1920-1994", con 100 sculture che possono essere ammirate dal 3 dicembre 2003 al 14 marzo 2004 (inaugurazione 2 dicembre con il Sottosegretario ai Beni e alle Attività culturali Nicola Bono).\nPromossa dal Museo Tattile Statale Omero, in collaborazione con lo Studio Copernico di Milano, la rassegna che sarà inaugurata il 2 dicembre, è patrocinata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dal Comune di Ancona; curata da Marco Di Capua, si avvale di un Comitato Scientifico composto da Paola Messina, Nicola Loi, Roberto Farroni, Aldo Grassini, Giuliano De Marinis e dallo stesso Di Capua.\nDagli esordi agli ultimi lavori, la mostra offre una vasta ricognizione sull'opera del grande scultore siciliano, scomparso nel 1995 all'età di novantacinque anni. Pezzi famosissimi, che fanno parte della storia dell'arte, come: San Sebastiano (1928), Bianca (1938), Grande nudo femminile (1967) e la Venere del Brenta (1988).\nIl maestro e la sua arte\nUn artista, siciliano di nascita, formatosi a Genova e milanese d'adozione, che del '900 ha potuto vivere tutte le stagioni artistiche. Ha saputo filtrare e compendiare nelle sue opere il sentimento del tempo e del suo trascorrere anno dopo anno, opera dopo opera, con uno sguardo sempre originale e coerente alla propria poetica della materia. Cocteau diceva di Messina che "non si sforza di correre più svelto della bellezza (...) cammina lasciando larghe impronte sulla sabbia, senza che le onde successive della moda le cancellino".\nMessina è artista eclettico che ha saputo eccellere in tutte le tecniche scultoree e che ha lavorato con molti e diversi materiali come bronzo ebano africano, terracotta con la stessa disinvoltura. E' artista di fama internazionale. Fin da giovanissimo raggiunge grandi traguardi: già a trentaquattro anni è artista affermato ottenendo così la Cattedra di Scultura all'Accademia di Brera. Nel corso degli anni si è cimentato in committenze importanti, come quella per il monumento di Pio XII per la Basilica di San Pietro a Roma (1963), o per quello di Pio XI per il Duomo di Milano (1968).\nNel saggio in catalogo, Marco Di Capua, così, introduce all'arte di Messina : "Come un vento di scirocco che, rinforzatosi sulla Sicilia occidentale arrivi senza indebolirsi a toccare la Liguria, il soffio dell'Ellenismo, a cui tanto ci si è richiamati e che, in un flusso di naturalezze e indiscrezioni e languori, va dai Galati morenti e i vecchi Pugili e le Vecchie e i Pescatori, sull'arco teso tra Alessandro e Adriano, fino a Gemito, alle figure di Messina sgranchiva membra, muscoli, tendini. Ispirava movimenti e atteggiamenti di destrezza e corporeità intimissima. Giovinetti, Chierichetti, Piccoli Nuotatori, questo verissimo, forse il più vero e bello di tutti, Bambino al mare del '34, che da seduto esplora e agita lo spazio che gli gira intorno, e mutili Narcisi, Pugilatori, romanissimi Cani... Cavalli, ripetuti ampiamente come veicoli di un'energia incosciente, profonda, senza nome... Ecco dunque sfilare un mondo mite e animatissimo, allegro e malinconico, mentre ognuno - potenza isolatrice della scultura - sta tra sé e sé, libero e pensieroso e in fondo reticente, vicino a noi e al tempo stesso imperscrutabile, materia invalicabile, perché ogni vera scultura trattiene in sé il proprio segreto. Con scoppi di energia più torva, quando sono un'eco più di Rodin che di Martini il pur masaccesco Pianto d'Adamo (1929), il Cristoforo Colombo o lo stupendo Giobbe prostrato (entrambi del 1934), o ancora e prima, con ogni evidenza, quel formidabile, italianissimo Marciatore del '31, per il quale Rainer Maria Rilke avrebbe potuto ripetersi: "Era come se nelle vene del giovane uomo salisse un vigore nato dalle profondità della terra"(10). In un secolo di irrazionalità feconda e brutale Messina ascoltava solo il richiamo di volti semplicemente umani? E' così, ma lo faceva dosando però le caratterizzazioni dei corpi e le loro finalità, variandone la scena d'azione, alternando il broncio al sorriso, prove di potenza fisica a quel tono "apollineo e meditativo" che per Quasimodo era in fondo dominante nel suo lavoro."\nUna mostra a lettura tattile.\nSarà una rassegna fruibile tattilmente: i visitatori potranno toccare le opere abbattendo quella barriera che vuole l'arte a distanza. Tutto ciò nella sicurezza e scientificità dello staff tecnico del Museo Omero.\nL'allestimento, dell'architetto Massimo Di Matteo, e l'itinerario espositivo seguono il percorso cronologico, con spazi a tema, che consentono di comprendere la visione e l'azione dell'artista su elementi fondamentali della sua scultura, anche nel loro evolversi temporale; temi quali la donna (che comprende anche " il grande nudo femminile-Maria Grazia,1967,bronzo,h. cm. 174 ) o i cavalli.\nIl catalogo\nRaccoglie le immagini di tutte le opere, con un saggio di Marco Di Capua e presentazione del Sindaco di Ancona Fabio Sturani e del Presidente del Museo Tattile Statale Omero Roberto Farroni.\nLa pubblicazione, circa 200 pagine,editore Mazzotta, è in formato cm.23x27 X-MS-OLK-FORCEINSPECTOROPEN:TRUE BEGIN:VEVENT DTSTAMP:20240329T070335Z DTSTART:20031201T230000Z DTEND:20040115T020000Z TRANSP:TRANSPARENT UID:312003-12-02 SUMMARY:Messina: cento sculture, 1920 – 1994 DESCRIPTION:Una grande mostra alla Mole Vanvitelliana di Ancona, un omaggio a un maestro del Novecento, titolata "Francesco Messina. 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Pezzi famosissimi, che fanno parte della storia dell'arte, come: San Sebastiano (1928), Bianca (1938), Grande nudo femminile (1967) e la Venere del Brenta (1988).\nIl maestro e la sua arte\nUn artista, siciliano di nascita, formatosi a Genova e milanese d'adozione, che del '900 ha potuto vivere tutte le stagioni artistiche. Ha saputo filtrare e compendiare nelle sue opere il sentimento del tempo e del suo trascorrere anno dopo anno, opera dopo opera, con uno sguardo sempre originale e coerente alla propria poetica della materia. Cocteau diceva di Messina che "non si sforza di correre più svelto della bellezza (...) cammina lasciando larghe impronte sulla sabbia, senza che le onde successive della moda le cancellino".\nMessina è artista eclettico che ha saputo eccellere in tutte le tecniche scultoree e che ha lavorato con molti e diversi materiali come bronzo ebano africano, terracotta con la stessa disinvoltura. E' artista di fama internazionale. Fin da giovanissimo raggiunge grandi traguardi: già a trentaquattro anni è artista affermato ottenendo così la Cattedra di Scultura all'Accademia di Brera. Nel corso degli anni si è cimentato in committenze importanti, come quella per il monumento di Pio XII per la Basilica di San Pietro a Roma (1963), o per quello di Pio XI per il Duomo di Milano (1968).\nNel saggio in catalogo, Marco Di Capua, così, introduce all'arte di Messina : "Come un vento di scirocco che, rinforzatosi sulla Sicilia occidentale arrivi senza indebolirsi a toccare la Liguria, il soffio dell'Ellenismo, a cui tanto ci si è richiamati e che, in un flusso di naturalezze e indiscrezioni e languori, va dai Galati morenti e i vecchi Pugili e le Vecchie e i Pescatori, sull'arco teso tra Alessandro e Adriano, fino a Gemito, alle figure di Messina sgranchiva membra, muscoli, tendini. Ispirava movimenti e atteggiamenti di destrezza e corporeità intimissima. Giovinetti, Chierichetti, Piccoli Nuotatori, questo verissimo, forse il più vero e bello di tutti, Bambino al mare del '34, che da seduto esplora e agita lo spazio che gli gira intorno, e mutili Narcisi, Pugilatori, romanissimi Cani... Cavalli, ripetuti ampiamente come veicoli di un'energia incosciente, profonda, senza nome... Ecco dunque sfilare un mondo mite e animatissimo, allegro e malinconico, mentre ognuno - potenza isolatrice della scultura - sta tra sé e sé, libero e pensieroso e in fondo reticente, vicino a noi e al tempo stesso imperscrutabile, materia invalicabile, perché ogni vera scultura trattiene in sé il proprio segreto. Con scoppi di energia più torva, quando sono un'eco più di Rodin che di Martini il pur masaccesco Pianto d'Adamo (1929), il Cristoforo Colombo o lo stupendo Giobbe prostrato (entrambi del 1934), o ancora e prima, con ogni evidenza, quel formidabile, italianissimo Marciatore del '31, per il quale Rainer Maria Rilke avrebbe potuto ripetersi: "Era come se nelle vene del giovane uomo salisse un vigore nato dalle profondità della terra"(10). In un secolo di irrazionalità feconda e brutale Messina ascoltava solo il richiamo di volti semplicemente umani? E' così, ma lo faceva dosando però le caratterizzazioni dei corpi e le loro finalità, variandone la scena d'azione, alternando il broncio al sorriso, prove di potenza fisica a quel tono "apollineo e meditativo" che per Quasimodo era in fondo dominante nel suo lavoro."\nUna mostra a lettura tattile.\nSarà una rassegna fruibile tattilmente: i visitatori potranno toccare le opere abbattendo quella barriera che vuole l'arte a distanza. 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